domenica 7 ottobre 2012

Nei luoghi del fare anima: la recensione di Biagio Salmeri



“Nei luoghi del fare anima” è l'ultima fatica creativa ed editoriale di Riccardo Mondo. La comunione tra “fare” e “anima” mi ha sempre messo in allarme. Un po' come quando ascolto imprenditori ed economisti pronunciare in sequenza le parole “efficacia” ed “efficienza”. Termini che vanno di moda negli ultimi tempi, divenuti gergali, insignificanti, parole d'ordine che sembrano fornire soltanto un senso di appartenenza. La sensazione che quasi sempre provo nel leggere o nell'udire chiosare intorno a tali parole o locuzioni è quella di noia, disinteresse. L'agito si muove tra la distrazione e lo sbadiglio.
Detto questo, è opportuno a tal punto precisare che non sto parlando di Riccardo Mondo, né del suo libro, né del suo “fare anima”. E ciò per un primo evidente motivo: un relatore può inserire anche cento volte la parola efficace in un suo discorso senza essere lontanamente vicino all'efficacia nel destare l'attenzione di coloro che lo ascoltano. Parimenti, si può arzigogolare a lungo intorno alla parola “anima” senza mai destare immagini o emozioni, in chi ascolta o legge, che vadano al di là del deserto fastidio. Personalmente, ciò mi conduce ad addormentarmi o pensare altro durante una relazione e a prendere e lasciare un libro infinite volte durante una lettura.
Ma questo libro, di contro, l'ho letto tutto d'un fiato. Per la prima lettura, agile, fluida, simile a quella di un corto romanzo, ho piacevolmente trascorso quattro ore di un caldo pomeriggio estivo. Finito il libro, ho chiamato Riccardo e gli ho detto: - ....questa è la perfetta preparazione galenica di un farmacista...- con ciò intendendo dire che tutte le componenti di questo libro sono, a mio avviso, sapientemente dosate: l'analista e il poeta, l'erudito e il creativo, il supponente e l'umile..... Le righe hanno argini saldi, difficile vedere qualcosa andare sopra di esse.
C'è una ritualità spontanea, una sacralità fisiologica, nei gesti, nelle posture, nei movimenti all'interno di quel luogo del fare anima che è lo studio dell'analista. Uno fra i molti che Mondo sceglie come utero del proprio lavoro immaginale, almeno per quanto attiene questo libro.
Avrebbe potuto essere il tratto di spiaggia più volte percorso in serene e meditanti passeggiate estive. Altri nomi, differenti gabbie dettate dal contesto, in parte diversi ritorni esteriori, ma medesima disposizione interiore. L'anima, infatti, non ha bisogno di chiese.
Una ritualità così spontanea che non evita l'argomentare più scomodo, legato alla stanchezza, al denaro, al fallimento. Sono certo che, fra i tanti capitoli del libro, avrebbe potuto elegantemente trovare spazio uno sul recarsi in bagno in un momento libero fra le sedute di terapia. Altro genere di bisogni, di urgenze, una esagerazione che mi sento di usare, uno stressare il mio discorso sul libro di Mondo utile a dire che nel suo “fare anima” non c'è nulla di ieratico, di sacerdotale, ma una attenta predilezione della dimensione, anche più profanamente, umana.
Dunque, “fare anima”. Non si può spiegare. Guai semplicemente tentarlo.
Posso solo dire: ho fatto anima leggendo questo libro di Mondo. E ho sentito di fare anima perché la lettura è stata un lungo ricevere coccole internamente, un tenero accudimento del mio personale senso della vita, in quanto vicenda terrena, e del personale senso del mio essere, in quanto storia interiore.
Un libro, dunque, capace di far sentire bene, che carezza, al di là di ogni razionale proposito, il farsi del senso, del significato. Significato non del perché sono paziente o analista ma del come divengo in grado, imparando a prendermi cura di me stesso, di avere cura del mondo.
È tale cura del mondo che connota il “fare anima” come universale “anima mundi”.


 di Biagio Salmeri, da bellininews.it